L’ambito d’azione delle stampanti 3D è stato fin dall’inizio quello industriale. Questo tipo di macchinario può infatti essere impiegato per la realizzazione di prototipi in modo relativamente rapido e poco costoso. Ciò consente ad ingegneri e designer di toccare con mano le loro creazioni senza bisogno di avviare un vero e proprio processo produttivo. Si pensi ad esempio al settore meccanico, dove le componenti di un motore o di una qualsiasi altra apparecchiatura possono essere stampate per un’analisi approfondita, anziché essere osservate esclusivamente sul monitor durante la fase di progettazione.
Negli ultimi anni le cose sono un po’ cambiate. La stampa 3D non è più un’esclusiva delle grandi aziende, ma ha raggiunto anche l’ambito domestico. Per avere un’idea del trend, il popolare portale svedese The Pirate Bay ha aperto all’inizio del 2012 una sezione dedicata proprio alla condivisione dei file da dare in pasto a questa tipologia di stampanti, per realizzare modelli di qualsiasi tipo: dai giocattoli ai modellini, passando per loghi, rappresentazioni di quadri in tre dimensioni e molto altro ancora.
In altre parole, gli unici limiti sono dettati dalla fantasia e dalle dimensioni della stampante. Ha fatto discutere la vicenda Liberator, una vera e propria pistola funzionante fai-da-te, i cui file sono finiti lo scorso anno sui circuiti P2P per essere scaricati da migliaia di utenti in poche ore. C’è poi chi ha scelto di ricorrere a questa tecnologia come mezzo espressivo per la propria arte: è il caso della stilista olandese Iris van Harpen, che ha vestito le modelle con una collezione di abiti da passerella interamente stampati in tre dimensioni.
Anche la medicina sta guardando con sempre maggiore interesse a queste tecnologie: si è già parlato più volte della possibilità di stampare protesi o addirittura interi organi, con ricerche già avviate anche sulla riproduzione di tessuti e vasi sanguigni da impiantare nei pazienti laddove le tecniche tradizionali non dovessero rivelarsi efficaci.